Oh be’, proprio un
bello scherzo mi ha giocato!
Fedele all’indolenza egli ultimi mesi
di gravidanza in cui a parte il solito “programma di nuoto” che
consisteva nel muovere un piedino ogni tante ore facendo impensierire
mamma e papà al punto tale da andare a fare monitoraggi con una
frequenza insospettabile, il piccolino ci ha messo un sacco di tempo
prima di decidersi di affacciarsi al mondo.
Lo aspettavamo, come
tutti i genitori, con ansia. Era in ritardo di due giorni quando ho
deciso di seguire la procedura “beverone” con passeggiata,
diffusa dalla storica ostetrica Teresa, che garantiva la buona
riuscita in caso di ritardo. E così è stato.
Si stava prospettando una
meravigliosa mattina di metà settembre quando con calma e tanto
entusiasmo ci siamo messi in auto per raggiungere l’ospedale dove
sono stata subito sottoposta all’ennesimo monitoraggio con quelle
cinturone grigie che mi avrebbero abbracciato per tante, tante ore.
Le prime due o tre sono
passate senza difficoltà, poi una sensazione sconosciuta, un dolore
nuovo con cui fare la conoscenza mi ha tenuto compagnia per circa 7
ore di cui alcune trascorse nella mia stanza e le ultime in sala
travaglio con il futuro papà che mi aiutava a respirare e tenere il
ritmo durante le fasi acute, ma che riusciva egregiamente a ingannare
il tempo giocando con l’iphone (eh sì! E tenete conto che potrebbe
essere un nonno. Estremamente giovane, ma pur sempre nonno).
Finalmente il passaggio
in sala parto, da cui mi aspettavo di uscire in poco tempo.
Due ore in sala a
spingere e respirare non sono decisamente poco tempo.
Niente.
Il piccolo, che in questa
fase non mi pareva affatto un ballerino, non voleva saperne.
Sopra la
mia pancia ho visto alternarsi l’ostetrica corpulenta, la
ginecologa mingherlina, il pediatra capellone e negli ultimi momenti
la ginecologa che subentrava nel cambio turno.
E, infine, eccolo, con la
sera mite di fine estate è arrivato lui, alle 22.23 di un giovedì,
stesso giorno in cui sono nati mamma e papà.
Qualche istante di
silenzio seguìto dal mio immediato e inutile allarme e poi
l’esplosione di un pianto che annunciava la vita. E’ stato il papà, emozionato e
bellissimo, che me l’ha portato, un piccolo batuffolo rosso con
tanti capelli avvolto in un lenzuolino bianco.
Da quel momento è stato amore. Infinito, immenso Amore.
:-)
RispondiEliminagrazie!