Oggi parliamo di lavoro e di quanto sia utile (?) essere moderni e al passo coi tempi, non ancorarsi, insomma, al fantomatico "posto fisso".
Dacchè ho iniziato a lavorare seriamente (ormai parecchi anni or sono), non ho mai voluto il posto fisso, seppure inziai la mia carriera lavorativa in un'epoca in cui era ancora pensabile ottenerlo.
Considerando la mia essenza irrequieta, vi immaginerete che anche quando si trattò di lavoro non potevo certo concepire l'idea di svolgere le stesse mansioni, trovarmi nello stesso ambiente, avere a che fare con le stesse persone per tutto il resto della mia vita. Il destino volle che la prima azienda presso cui prestai i miei onorati servizi fosse oggetto di contesa parentale. E già! Quel bel lavoro che mi insegnò tutto quello che so, che mi diede un sacco di soddisfazioni personali e professionali e che mi permise di viaggiare attorno al mondo, lo persi a causa dell'astuzia dell'uno e della stoltezza dell'altro. L'azienda fu liquidata e ciò diede una mano al destino che già mi voleva alla ricerca di altro.
A quel lavoro ne seguirono vari. Lo sapete, sono irrequieta e inquieta: l'ambiente non era bello, il lavoro non era abbastanza stimolante, lo stipendio non era soddisfacente (una costante, ahimè, sempre presente e, credetemi, non è che pretenda più di quello che mi spetti!). Fino ad approdare al mio lavoro attuale, del quale non sono assolutamente soddisfatta ma che allora sembrò un ottimo compromesso.
Ecco allora il punto di questo post. Io ho cambiato tanti lavori, tanti ambienti, tante persone. Tutto ciò mi ha sicuramente insegnato moltissimo. Non solo dal punto di vista lavorativo (anche questo, certo), ma anche e soprattutto dal punto di vista umano, di come affrontare le situazioni, tutte, e risolverle, di come essere indipendente e di come trattare con clienti e colleghi.
Si sa che il confronto arricchisce e accresce. Eppure, nell'azienda dove lavoro attualmente, gestita da un capo/padre/padrone che non brilla certo per lungimiranza e spirito di innovazione, (come purtroppo accade nella maggior parte delle piccole medie imprese del quasi ex ricco nordest), quasi tutti i miei colleghi hanno compiti più soddisfacenti, responsabilità maggiori e vengono ritenuti, pur non essendolo, più qualificati. Il loro stipendio è decisamente migliore del mio. Queste persone però hanno il "merito" di non aver mai abbandonato il posto sicuro, di non essersi mai confrontati con il mondo e di essere rimaste chiuse e refrattarie a qualsiasi novità.
Allora mi chiedo, quanto vale davvero la pena darsi da fare e cercare di migliorarsi? Non è forse meglio starsene tranquilli nel piccolo e facile mondo ovattato dove le soddisfazioni sono solo apparenti? Forse ha ragione la Fornero. Forse non bisogna essere choosy? No, non lo credo, e credo, invece che il motivo per cui molte imprese, quassù nel ricco ma molto provinciale nord-est falliscano sia proprio questo.
Ed ecco allora titolari spesso incompetenti, premi e carriera ai dipendenti che hanno il "merito" di essere rimasti fedeli all'azienda, (con dirigenti che non sanno parlare in italiano - figuriamoci in inglese - e che hanno a malapena un diploma).
Tutto questo è lo specchio dell'Italia. Zero meritocrazia, onori e riconoscimenti agli inetti ma fedeli e leccapiedi, zero innovazione e futuro.