23 aprile 2013

Dicono che nel privato le cose funzionino meglio

 
Ho sempre pensato che l'azienda nella quale lavoravo fosse uno spaccato dell'Italia berlusconiana:
zero meritocrazia, assenza di regole (per alcuni), molto clientelismo, ignavia. 
Qualche giorno fa ho avuto modo di rafforzare l'impressione che quell'azienda sia una piccola rappresentazione dello Stato italiano anche per quanto riguarda la burocrazia.
 
E' ormai troppo tempo che non lavoro. Tralasciando qualche piccolo impegno che mi frutta pochi spiccioli, posso affermare che non ho uno stipendio pieno da un bel po'.
Recentemente, un po' riluttante, per una serie di motivi, ho deciso di candidarmi per un "lavoro socialmente utile" i famosi LSU che spettano ai lavoratori in cassa integrazione o in mobilità. Per candidarsi ci si rivolge all'ufficio del lavoro, al quale è necessario presentare una dichiarazione dell'azienda in cui si snocciolano i dati di Duda Tissa e si conferma che è stata posta in cassa integrazione a ore 0.
Nulla di difficile, mi pare. Quattro, cinque righe su carta intestata, una firmetta e via.
 
Una settimana prima avevo accennato che sarei passata a ritirare questa dichiarazione e avevo pregato i colleghi di prepararmela.
Ebbene, poiché in quell'azienda nulla è semplice, la responsabile del personale in un primo momento mi comunica che no, non è possibile rilasciarmi tale dichiarazione adducendo motivi vari e assurdi. Al che decido di parlare con la dirigente A. che suppone si possa fare senza difficoltà, ma poiché le sorti dell'azienda sono ora in mano ad un commissario esterno è bene chiedere autorizzazione. "Torni tra un'ora e avrà la dichiarazione firmata dall'ex titolare che rintracceremo apposta".
Risalgo in auto, vado in città, pago e parcheggio, svolgo alcune commissioni e esattamente un'ora dopo ritorno in azienda per scoprire che ancora non era stata ottenuta l'autorizzazione e che il titolare sarebbe arrivato di lì a poco.
Il termine per la presentazione della candidatura era alle 12.30. Alle 11.40, cioè dopo 40 minuti dal mio ritorno in azienda, l'autorizzazione era arrivata ma colui che doveva firmare ancora non si vedeva.
Sollecito un contatto con il titolare e scopro che si trova ancora in città, così propongo di raggiungerlo, perché io ho assoluto bisogno di questa stupida lettera. Risalgo in auto, ritorno in citta, pago e parcheggio, lo raggiungo al bar e lo trovo che chiacchiera amabilmente con una bionda. Non mi degna quasi di uno sguardo, fa una veloce firma senza leggere nulla e mi saluta. Risalgo in auto, corro all'ufficio del lavoro e finalmente riesco a proporre la mia candidatura.
 
Per ottenere una semplice dichiarazione su carta intestata che constata  la mia attuale condizione lavorativa ho dovuto aspettare e sollecitare con la mia presenza minacciosa. Ho perso una mattinata intera per ottenere un'attestazione di ovvietà e tutto per la rigidità e l'incompetenza di un manipolo di sedicenti responsabili.
 
E, in aggiunta, la prospettiva di tornare a lavorare in un ufficio, tutte le mattine e parte del pomeriggio, lasciando il ballerino più a lungo del solito e togliendomi il tempo per i miei lavoretti extra ma che tanta soddisfazione mi danno, be', mi crea un notevole scompenso.
 
Ma prima o poi il momento deve arrivare.
 
 

4 commenti:

  1. La burocrazia è uno dei motivi per cui l'Italia va a rotoli...
    Ad ogni modo non ti preoccupare, vedrai che tornare al lavoro sarà più semplice del previsto.

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    1. Lo spero Silvia. Mi ero illusa di poter reinventarmi, fare un lavoro diverso che mi desse più stimoli e al contempo mi permettesse di stare col ballerino, ma mi accorgo che non tutte hanno la stessa fortuna e quindi, almeno un lavoro da ufficio lo avrò (tra l'altro lo spero, non ne ho ancora avuto conferma).

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  2. Io odio la burocrazia!! All'inizio è dura poi vedrai che tutto rientrerà nei giusti ranghi!

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